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Foto della ”Talpa” al cantiere di Chiomonte, Valsusa ottobre 2013. …con una stretta al cuore ripensando agli alberi e a tutti gli esseri viventi che popolavano i luoghi ora devastati  

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LETTERA DI UN* RAVENNATE ALLA SUA CITTA’

Sono nat* a Ravenna un po’ di anni fa, e dopo i percorsi di vita di chiunque con alti bassi gioie e dolori, oggi svolgo un’attività che mi sono scelt* perché mi piace e mi soddisfa e ho dei figli con un* compagn*. Vivo in un posto come Ravenna, dove tutto è perfetto, in cui sono cresciut* e arrivat* a essere chi sono anche grazie alla materna e rassicurante ala protettrice sulle nostre vite della nostra grande mamma adottiva c.m.c.
Come chiunque di noi ben sa, praticamente ogni aspetto della vita pubblica e sociale in città e nei dintorni è influenzato direttamente o indirettamente dai nostri cari anonimi muratori. E noi tutti rispettosamente e reverenzialmente con gratitudine se dobbiamo nominarLa facciamo quasi come gli arabi con i loro profeti: “le benedizioni di Allah scendano sempre su di Lei”.
Sappiamo benissimo che il nostro benessere e la nostra dorata serenità lo dobbiamo a tutti i cantieri che la Nostra realizza nel mondo rendendolo più bello e questo è quanto ci serve e ci basta.
Tutto era perfetto fino a quando l’anno scorso non venni a sapere di una manifestazione che sarebbe stata portata nella nostra città da dei pericolosissimi criminali conosciuti ovunque come violenti devastatori. I famigerati e temutissimi no tav!! Che venivano dichiarandosi contro la nostra mamma!!
Il giorno della manifestazione, volli andare per vedere come fossero fatti costoro e rimasi stupit* quando vidi che c’erano ragazzi, anziani, donne, bambini, perfino un nutrito spezzone di cattolici. E cominciò quindi a esserci qualcosa di stonato con gli allarmi alla cittadinanza affinché ci si barricasse tutti in casa diffusi in tutti i modi possibili nei giorni precedenti.
Cercai un po’ su internet e cominciai a trovare parecchie informazioni e aggiornamenti su cose che succedevano a qualche ora di macchina dalla mia tranquilla casetta, ma che sembravano appartenere alla Spagna di Franco, al Cile di Pinochet, al nostro bel ventennio. Sembrava assolutamente impossibile, anche perché sui nostri organi d’informazione locale non veniva menzionato nulla.
Quest’anno quindi ho deciso di andare di persona a vedere come stanno le cose in val di susa facendomi una vacanza a uno dei campeggi del famoso movimento no tav, in cui siamo stati accolti come fossimo di famiglia! Tutto il campeggio basato sulla gratuità, l’autoproduzione, sul libero scambio, sul riciclo e il non inquinamento. In alcuni momenti gli ospiti erano diverse centinaia e provenienti da tutta Italia e tutta europa.
Il mattino dopo il nostro arrivo abbiamo cominciato le attività andando a visitare l’area del cantiere e siamo rimasti letteralmente senza parole nel vedere una verdissima vallettina con splendide borgatine montane e ruscelli scintillanti nel sole devastata nel suo cuore da un enorme cantiere con qualche operaio e decine di poliziotti, carabinieri, forestali e, pazzescamente, persino blindati anfibi dell’esercito con una nutrita presenza di soldati e tutti ad avvicinarsi e controllarci con facce torve e occhi incarogniti dall’altro lato di due recinzioni sormontate dal filo spinato con le lamette, quello con cui gli israeliani circondano i palestinesi a Gaza. Non potevamo credere che una zona di guerra come quella appena vista possa essere considerato un cantiere, soprattutto anche alla luce del fatto che quello non è un cantiere per la linea ferroviaria, ma solo per un tunnel secondario ed esplorativo, e che soprattutto sia la nostra c.m.c. ad accettare simili situazioni.
Forse perché tra i soci e protettori politici ci sono i vertici di partito di interessi, lo stesso partito che ha nominato il commissario straordinario virano, che ha come “mission” quella di mentire e truffare in tutte le sedi possibili. E ciò ben si spiega visto che 30 miliardi di euro dell’opera da poter far incassare agli amici degli amici sono l’unica vera motivazione per un’opera completamente inutile come dimostrato in tutte le sedi tecniche.
Alla sera avrebbe dovuto esserci l’assemblea quotidiana del campeggio, ma visto che erano stati segnalati i primi trasporti dei pezzi della macchina che scava il tunnel, ovviamente chiamata comunemente talpa, si è deciso di spostare l’assemblea in un punto vicino all’autostrada per poterci eventualmente spostare alla bisogna tutti sulle corsie per bloccare i trasporti. Già dal mattino in tutta la valle, lunga circa ottanta chilometri, erano state segnalate le presenze di innumerevoli mezzi blindati di carabinieri e polizia, e svariati posti di blocco controllavano continuamente i mezzi di passaggio. Fin quando verso le cinque del pomeriggio ci arrivarono addosso decine di blindati che hanno cercato di investirci, bastonando indiscriminatamente tutti, giovani, anziani e ragazze e portandosene via, tra insulti, spintoni, calci circa una ventina. Anzi, scusate: si dice “scontri”, quando cioè i reparti con manganelli, scudi, fucili per i lacrimogeni si avventano su persone inermi con le mani alzate e li riempiono di botte, i giornalisti devono dire e scrivere che sono stati “scontri”. Nel frattempo, magicamente, abbiamo visto passare indisturbato sull’autostrada a poche decine di metri da noi il tir che trasporta alcuni pezzi della macchina. Abbiamo quindi capito che le ff. dell’oo. sono venuti non certo per una situazione di pericolo sociale, ma solo per fare da guardia spalle, con annesse botte e arresti, al tir che stava passando. Altro che “ordine pubblico”! qua, l’”ordine” l’ha dato un privato!! Ci hanno raccontato che qualche giorno fa una quindicina di ragazzi del movimento hanno subito una perquisizione nelle loro case e a molti di loro sono stati sequestrati foulard e magliette della locale sezione dell’a.n.p.i. ed è stato perquisito anche uno dei locali più frequentati della valle con accuse di terrorismo ed eversione. Ed è prassi abituale e consolidata che le persone della valle e del movimento che abbiano un adesivo no tav sull’auto vengano fermati e perquisiti e in moltissimi casi per la sola colpa di essere presente in un certo luogo della valle ci si può vedere inflitto un “foglio di via”, che equivale all’esilio, con il divieto di permanenza e transito nei territori di certi comuni.
Alla sera dei fatti a cui abbiamo assistito non ci siamo più fidati a stare in un campeggio continuamente controllato a vista dai binocoli di soldati, carabinieri e poliziotti, soprattutto avendo anche saputo che in diverse occasioni questi impuniti “tutori dell’ordine” hanno fatto blitz nel campeggio rubando oggetti personali, danneggiando tende, auto e attrezzature. E abbiamo quindi usufruito dell’ospitalità di una famiglia di no tav del posto. E ciò in attesa di sabato quando avrà luogo una manifestazione di soli anziani e anziane che andranno al cantiere per abbatterlo con cesoie e martelli trovandosi di fronte i reparti armati di tutto punto.
Oggi la val di susa è un vero e proprio territorio in perenne assedio, militarizzata ovunque, con un coprifuoco di fatto non dichiarato, e in cui i diritti costituzionali sono calpestati in ogni momento e in ogni situazione, e in cui le persone sono costrette a subire continue violenze, prepotenze, ingiustizie, falsità e persecuzioni solo perché resistono e rivendicano il loro diritto a rifiutare una cosa che loro non vogliono. E in cui la nostra cara mamma c.m.c. calpesta in ogni momento l’articolo 41 della Costituzione, quello che dice “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Ed è per non dover subire lo stesso tipo di ritorsioni che sto scrivendo questa lettera in forma anonima.
Se è una donna a subire qualcosa di non voluto si chiama stupro, in questo caso ciò che viene fatto subire a un intero popolo lo chiamano “grande opera”. Ma i valsusini stanno dando a tutti noi una grande lezione di coraggio, di dignità, di allegria, di intelligenza. Difendono e rivendicano tutti i giorni i diritti costituzionali conquistati dai nostri padri partigiani ed è per questo che arriva gente da ogni dove per aderire alla loro causa, esattamente come durante la Resistenza quando si unirono alle brigate partigiane modenesi, romani, napoletani, russi, calabresi, siciliani. Perché partecipare alla loro lotta vuol dire difendere le libertà di ognuno di noi in tutta Italia.
La Resistenza lottava contro il nazifascismo che era sostenuto dalla grande imprenditoria e dalla grande finanza. Non per niente l’articolo proposto da uno dei padri costituenti, don Dossetti, non fu approvato proprio per l’opposizione dei soliti poteri forti, un articolo che è stato però fatto proprio dai valsusini e che dice: “La resistenza, individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino”.
Oggi sono cambiati solo i colori, ma i burattinai sono sempre quelli che vogliono sfruttare impunemente facendo quanto più profitto possibile. Perché come ha dichiarato spudoratamente, irresponsabilmente l’a.d. della c.m.c. foschini “ a noi non deve interessare perché si fa una certa opera. A noi deve interessare solo come farla” e non importa se le persone non lo vogliono, non importa se ci sono stati centinaia di arrestati, decine di feriti, alcuni che hanno perso un occhio, un ragazzo di 17 anni che ha perso l’udito per un lacrimogeno sparato ad altezza uomo e vilmente alle spalle, anzi alla nuca, un’altra persona con innumerevoli fratture alle ossa della faccia per un lacrimogeno che lo ha colpito al volto, poi una donna nel 2010 aggredita da otto (8) agenti che l’hanno bastonata fino a farla svenire con uno zigomo, alcune costole fratturate e per i calci, un’ovaia spappolata, un’altra signora bastonata e calpestata da svenuta fino a spaccarle una caviglia e tibia e perone, e ancora oggi cammina con il bastone, e solo venti giorni fa una ragazza arrestata, trascinata e picchiata mentre veniva trascinata e poi palpeggiata, molestata e insultata e bocca spaccata da una manganellata a tradimento, e tutto ciò da coloro i quali dovrebbero tutelare noi cittadini e che hanno la sfacciataggine di chiamare “scontri” questi criminali pestaggi. E che sono stati anche visti fuori servizio importunare e molestare ragazze di alcuni paesi della val di susa.
Di tutto questo sangue, di queste violenze, di questi soprusi, di questo dolore, di queste ingiustizie, di queste bugie, di queste falsità, di queste inutili devastazioni si sta macchiando la nostra cara mamma c.m.c. E io dopo aver visto e vissuto tutto ciò che ho descritto, non posso più accettare di vivere nel mio sereno rassicurante mondo dorato sponsorizzato dai soldi inzuppati da tutte queste ignobili cose.
Oggi dopo tutti questi anni di dorata ignorante e colpevole cecità io mi vergogno di vivere nella stessa città della c.m.c. e mi vergogno di dovere il mio benessere al malessere, al dolore di tante altre persone.
Persone a cui siamo grati e riconoscenti che ci hanno insegnato che cosa sia la dignità e il coraggio e l’orgoglio di essere No Tav.
Anonim* ravennate
8 agosto 2013

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La Orte-Mestre, un nuovo mostro

di PAOLO CACCIARI

17 Agosto 2013

Un corridoio autostradale lungo 400 km, con centinaia di cavalcavia e gallerie. Si tratta della più grande opera dopo il Ponte sullo Stretto. Aggirando il patto di stabilità grazie ai privati. La puntuale denuncia da parte di una rete di comitati e associazioni avvalendosi di saperi interdisciplinari. Il manifesto, 17 agosto 2013
La cupola delle grandi opere da realizzare in project financing ha da tempo programmato di sventrare l’Italia da Orte a Venezia con un nuovo corridoio autostradale lungo 396 chilometri, 139 dei quali in viadotti e ponti, 64 in galleria, con 246 tra cavalcavia e sottovie, 83 svincoli, aree di servizio ecc. ecc. Movimentazione di terra per 34 milioni di metri cubi prelevati fin dalla Puglia e – già che ci siamo – dal canale industriale del porto di Ravenna che ha bisogno di dragaggi. Lazio, Toscana, Umbria, Emilia, Veneto attraversate.

Aggrediti ventidue siti di interesse ambientale riconosciti dall’Europa comprese le valli di Comacchio, il parco del Delta del Po, la laguna sud di Venezia, la Riviera del Brenta, le valli del Mezzano e le Foreste Casentinesi negli Appennini Centrali. Anche se ancora poco conosciuta, si tratta della più grande grande opera, dopo il ponte sullo Stretto di Messina, compresa nell’elenco delle 390 «infrastrutture strategiche» dichiarate di «interesse pubblico» e inserite nella Legge Obiettivo in attesa di essere finanziata dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica). Peccato che la nuova autostrada non avrà mai i veicoli/giorno in transito minimi necessari (90 mila contro i soli 18 mila attualmente rilevati, ad esempio, nel tratto veneto) per ammortare i costi di realizzazione e sostenere le spese di gestione dell’opera. Ciò nonostante il progetto preliminare è stato approvato dall’Anas con tanto di attestato di Valutazione di Impatto Ambientale rilasciato dalla Commissione nazionale, che oramai non lo nega a nessuno, neppure a chi chiede di fare un parcheggio nel Colosseo.

Qualche dubbio sembra averlo avuto nel passato governo solo l’ex ministro Barca. Per esplicita ammissione dei proponenti, infatti, il piano economico e finanziario del progetto (ancora riservato) non sta in piedi. Per la precisione, non sarebbe “bancabile”. Per esserlo lo Stato italiano dovrebbe impegnarsi a: 1) versare direttamente un generoso contributo a fondo perduto di 1,4 miliardi di euro; 2) detassare le imprese costruttrici rinunciando ad altri 1,5 miliardi di entrate; 3) autorizzare l’emissione di project bond sul mercato finanziario da parte delle imprese, garantiti però dalla Cassa Depositi e Prestiti (con i soldi dei correntisti postali) e assicurati dalla Sace; 4) affidare l’opera in gestione con un contratto che garantisca un minimo di proventi tariffari e, soprattutto, le autorità statali concessionarie dovrebbe fingere di credere che l’opera venga a costare davvero “solo” 10 miliardi di euro.

Insomma, come è stato detto a un recente convegno organizzato a Ravenna dalla rete ambientalista Stop Orte-Mestre (www.stoporme.org), la nuova autostrada è un mostro che dorme sornione, pronto a mettersi in moto al segnale del nuovo, arrembante ministro Maurizio Lupi.

Chi invece non dorme affatto sono i cittadini dei 48 comuni che saranno investiti dai cantieri. Sono questi i veri instancabili presidi democratici a difesa del territorio e dei denari pubblici che da più di dieci anni si battono a mani nude per denunciare la follia di questa grande opera inutile e devastante. Decine di comitati locali sorti un po’ per volta, con un passaparola iniziato dal comitato Opzione Zero della Riviera del Brenta. Comune per comune lungo il tracciato, hanno prima conquistato l’appoggio delle grandi associazioni quali Legambiente, Wwf, Lipu, Mountain Wilderness e Pro Natura, poi hanno dato vita ad un coordinamento e alla rete Stop Or Me con la campagna Salviamo il Paesaggio e i gruppi politici che ci sono stati: Movimento 5 Stelle e Alba.

I comitati avrebbero potuto limitarsi a denunciare l’insostenibilità di alcuni impatti quali l’attraversamento dello storico canale navigabile Brenta, in mezzo al paesaggio palladiano delle ville venete, o i viadotti sulle Valli di Comacchio, o le “varianti di valico” sulle Foreste Casentinesi, e sarebbero stati nel giusto. Hanno invece preferito affrontare un lungo percorso di studi multidisciplinari (trasportistici, economici, ambientali, paesaggistici, giuridici) e di autoformazione, scoprendo quanto solitamente non viene detto dai grandi organi di informazione e, tantomeno, divulgato dalle istituzioni politiche. Ad esempio, che promotrice del progetto è la Gefip Holdin, il gruppo di famiglia di Vito Bonsignore, europarlamentare del Pdl, che nel 2003 comprò per 4,5 milioni di euro la prima società promotrice del progetto, la Newco Nuova Romea SpA presenti le maggiori coop rosse Cmc e Ccc. Che, a sua volta, nacque per concretizzare l’indicazione della Associazione Nuova Romea Commerciale, il cui presidente era niente meno che Pierluigi Bersani. Quel che si dice grandi e losche intese!

Grazie al lavoro dei comitati scopriamo che il vice-presidente della allora NewCo, Lino Brentan, e l’amministratore delegato (ora dimissionario) della Mantovani, una delle principali imprese della associazione di imprese promotrici, l’ing. Baita, sono agli arresti per corruzione, associazione a delinquere e frode fiscale. Scopriamo che in realtà le società di progetto sono scatole vuote create dagli intermediari finanziari per farci affluire i finanziamenti bancari. Scopriamo che la finanziarizzazione dell’economia – tanto deprecata a parole – in realtà nasce per mano e per volere dello stato attraverso il meccanismo truffaldino del project financing.

Come non si stanca di spiegare l’ingegnere Ivan Cicconi, la finanza di progetto, figlia della Legge Obiettivo, serve a bypassare i patti di stabilità (che comporterebbero il blocco degli investimenti) concedendo a società di diritto privato la realizzazione e la gestione delle opere (così da evitare persino di cadere nelle maglie dei reati di corruzione) ma pur sempre scaricando, alla fine e tramite i contratti di concessione dell’opera, sulla spesa pubblica allargata i costi della realizzazione e gestione dell’infrastruttura che non dovessero essere coperti dai pedaggi, dalle royalties, dai canoni degli autogrill o delle pompe di benzina… In barba al rischio di impresa! Un keynesismo alla rovescia che gonfia i costi di realizzazione e moltiplica le intermediazioni finanziarie.

Con molto meno si potrebbero realizzare molti più interventi puntuali, a portata del sistema delle piccole imprese, creando lavoro per più persone. Come, ad esempio, mettere in sicurezza le strade esistenti, diversificare il traffico pesante, attrezzare i porti come scali delle autostrade del mare e collegandoli con la rete ferroviarie. La differenza sta tutta nell’obiettivo che ci si pone: aumentare il flusso di denari gestito dal sistema finanziario o migliore la mobilità del maggior numero di persone e la quantità delle merci trasportare per mare e per treno?

Fonte: http://www.eddyburg.it/2013/08/la-orte-mestre-un-nuovo-mostro.html

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No Tav. Sangue, gas e torture

19 LUGLIO. L’estate No Tav, partita in sordina, sta entrando nel vivo.
Alcune decine di tende sono piantate nella piana di Venaus.
Circa 400 NO TAV PARTONO DA GIAGLIONE LUNGO LA STRADA DELLE GORGE  PER UNA NOTTE DI LOTTA AL CANTIERE. Da alcuni giorni la Prefettura ha fissato i confini di una nuova ZONA ROSSA intorno alle recinzioni. I divieti non hanno mai fermato i No Tav, non lo fanno nemmeno questa volta. Protagonisti della serata sono soprattutto i solidali che, come ogni estate, sono accorsi in Val Susa. Alcuni percorrono di notte i sentieri per la prima volta: la serata è molto scura, le nubi coprono la luna quasi piena.
LA POLIZIA È FUORI DALLE RECINZIONI, schierata oltre il ponte sul torrente Clarea: all’arrivo dei primi No Tav partono le cariche. La A32 ANCHE QUESTA VOLTA È STATA CHIUSA. Dieci blindati la percorrono con i lampeggianti spenti e si fermano sul viadotto nei pressi del cancello che immette sulla strada delle gorge. Altre volte i militari avevano scelto questa posizione per sparare dall’alto lacrimogeni sui manifestanti imbucati nel sottopasso della A32. Questa volta, DOPO I GAS AVANZANO LE TRUPPE, che spezzano in due in manifestanti, INTRAPPOLANDONE CIRCA 150 NELLA ZONA DEI MULINI. Un punto MOLTO PERICOLOSO per una manovra che non lascia VIE DI FUGA: da un lato la gorgia scende brusca, dall’altro c’é una zona di vigne abbandonate, franosissima.
NEL BUIO PIOVONO LE MANGANELLATE, IL GAS SOFFOCA ED ACCECA, MOLTI GRIDANO IN PREDA AL PANICO, CERCANDO DI INERPICARSI SUL COSTONE, SCIVOLANDO IN MEZZO ALLE PIETRE CHE ROTOLANO.
La polizia fa il suo bottino: 9 NO TAV VENGONO PRESI E PORTATI NEL CANTIERE. Lungo il tragitto BOTTE, INSULTI, COLPI DI MANGANELLO.
Un’attivista pisana, Marta, viene colpita in faccia da una manganellata che le spacca il labbro superiore, mentre GLI EROI DELL’ANTISOMMOSSA LA PALPEGGIANO TRA LE GAMBE, LE TOCCANO I SENI, LA INSULTANO. Un ragazzo di 17 anni SVIENE PER LE BOTTE e si ritrova nel fortino con fratture e la faccia piena di sangue. Gli uomini in divisa MIRANO SEMPRE AL VOLTO, per nascondere sotto un velo rosso lo sguardo e l’umanità di chi lotta perchè immagina un mondo diverso da quello in cui siamo tutti forzati a vivere.
Gli arrestati vengono TUTTI PERCOSSI CON VIOLENZA ANCHE DOPO L’ARRESTO: trascorreranno ore prima di essere portati in ospedale e, di lì, alle Vallette. Le loro storie, raccolte nelle ore e nei giorni successivi, sono _normali_ storie di TORTURA.
Per chi riesce ad allontanarsi comincia una lunga marcia notturna, nel silenzio dei boschi che nascondono i No Tav dalla caccia dei poliziotti che li braccano. Chi era riuscito a sfuggire alla trappola torna a Giaglione. Qualcuno si massaggia un braccio, altri hanno la testa che sanguina, altri ancora una commozione cerebrale e una caviglia rotta.
Comincia la spola per portare i feriti più gravi all’ospedale. IL LENTO E DURO RITORNO DEI NO TAV TERMINA ALL’ALBA. Chi arriva, sfinito, trova i propri compagni che attendono da ore. I primi racconti descrivono la violenza della polizia e la solidarietà che prevale dopo il panico, nel mutuo appoggio tra i boschi: un goccio d’acqua, qualcosa da mangiare che viene condiviso tra tutti.
Il giorno dopo IL CAMPEGGIO DI VENAUS SEMBRA UN OSPEDALE DA CAMPO: chi zoppica e chi esibisce vistose fasciature, bende in testa, cerottoni, ingessature. Il bilancio finale è di 63 ATTIVISTI FERITI. Anche la polizia sostiene che sarebbero una quindicina gli uomini e le donne in divisa feriti e contusi.
La questura nella sua conferenza stampa recita un copione ormai consolidato. Vengono esibite maschere antigas, qualche petardo, qualche bastone, il solito “mortaio”. In bella mostra c’é il bottino di una guerra in cui non vengono mai mostrati i manganelli insanguinati, i fucili che sparano i gas, le maschere dei poliziotti e dei carabinieri, i bossoli dei lacrimogeni. Nei confronti degli arrestati vengono formulate accuse durissime: resistenza, violenza, porto di armi da guerra.

Martedì 23 luglio il GIP convaliderà gli arresti [1] e disporrà i domiciliari per sei No Tav e l’obbligo di firma quotidiano per il settimo. Gli altri due fermati nella notte del 19 erano stati denunciati e rilasciati a piede libero all’alba del 20 luglio.
Il giorno dopo il senatore democratico Stefano Esposito scriverà sul suo blog indicando un esponente del comitato No Tav di Bussoleno come mandante del tentato assalto al cantiere. Già nei giorni precedenti aveva accusato il settimanale anarchico UMANITÀ NOVA di incitare alla violenza, per un articolo scritto da Maria Matteo, titolato «soldi e sabotaggi». Non pago Esposito arriverà a sostenere che l’attivista pisana molestata pesantemente durante l’arresto aveva mentito e si era MERITATA gli otto punti necessari a rattopparle il labbro spaccato.
La mattina del 20 luglio tra chi tornava alla propria vita dopo la notte in Clarea, qualcuno avrà ricordato che 12 anni prima, in luglio sin troppo assolato, un carabiniere aveva sparato in faccia ad un ragazzo di 23 anni.

Il 23 luglio UNA FIACCOLATA PERCORRE LE VIE DI SUSA. Il corteo – 2000 persone – era aperto dalle donne solidali con Marta, la No Tav pisana ferita e molestata sessualmente da alcuni poliziotti dei reparti antisommossa il 19 luglio. I No Tav hanno sostato lungamente di fronte all’hotel Napoleon, che ospita carabinieri di stanza alla Maddalena, di fronte alla pizzeria Mirò che ha stipulato una convenzione con gli
occupanti, e al comune, schierato con la lobby del Tav. La manifestazione si è conclusa di fronte alla villetta del sindaco Gemma Amprino. Sin qui la cronaca.

LA POLIZIA HA DECISO DI ALZARE IL LIVELLO DELLO SCONTRO. Una scelta pianificata e sin troppo prevedibile. La presenza nel cantiere di due magistrati come Padalino e Rinaudo, già titolari di numerose inchieste contro l’opposizione sociale in provincia di Torino, la dice lunga sulla pianificazione della mattanza del 19 luglio.
I media da settimane avevano ripreso a pubblicare ARTICOLI INCENDIARI contro il movimento No Tav, accusato di essere ostaggio di professionisti della violenza, di aver ceduto il campo agli specialisti venuti da tutta Europa PER FARE LA GUERRA ALLO STATO.
Tra gli articolisti che hanno commentato gli eventi in Clarea si è distinto Paolo Griseri, che definisce il rapporto tra il movimento valsusino e i solidali venuti da fuori come una sorta di outsourcing degli scontri più duri. Un’esternalizzazione consensuale, una sorta di
patto tra gentiluomini. Va dato atto a Griseri di avere l’onestà intellettuale di non sostenere la tesi della divisione tra buoni e cattivi, che viene sempre smentita dai fatti. Ogni volta un’assemblea popolare, una manifestazione con grandi numeri, una marcia di tutti al cantiere, hanno dimostrato l’inconsistenza di un’argomentazione che ha più il sapore della speranza che serietà nei fondamenti argomentativi.

Più pragmatico di Griseri, Numa punta su una tesi intermedia: la perdita di controllo del movimento valsusino e un accordo – cui regala anche il nome suggestivo di «Patto del Cels» – tra anarchici ed autonomi, separati su tutto ma uniti nel perseguire attacchi violenti.
SIGNIFICATIVO CHE LA MAGGIOR PARTE DEI COMMENTATORI ABBIANO MINIMIZZATO, TALORA CENSURATO E PERSINO NEGATO LE VIOLENZE SUBITE DAI NO TAV.
Un mondo in bianco e nero, sostanzialmente asservito alla lobby del Tav. Nulla di strano. L’informazione è oggi uno dei pilastri nella costruzione del consenso intorno a scelte non condivise. La criminalizzazione e l’isolamento dell’opposizione riescono meglio se le scelte disciplinari più dure vengono sorrette da un buon LAVORO DI PROPAGANDA.

Proviamo a mutare prospettiva. Al di là dei fatti che abbiamo provato a ricostruire e della valutazione che ne hanno dato politici e media.
C’è una domanda che il movimento No Tav non può eludere. PERCHÉ IL GOVERNO, IL PREFETTO, LA POLIZIA HANNO RITENUTO FOSSE POSSIBILE UN’ACCELERAZIONE REPRESSIVA? Anche i giornali hanno scritto di una sorta di cambio di strategia.
Nelle tante riunioni tenutesi in questi giorni molti ipotizzavano che da un lato la compagine governativa che sostiene il Tav sia oggi più forte che in passato, altri hanno puntato l’indice sul sempre più scarso entusiasmo del governo francese verso la Torino Lyon.
Nessuna di queste ipotesi ci pare convincente, perché in Italia le maggioranze a favore del Tav sono sempre state forti e le esitazioni della Francia non sono certo una novità.
La posta in gioco – non certo da oggi – va BEN AL DI LÀ DELLA TORTA TAV. Non è più solo una questione di treni: IN BALLO C’É IL DISCIPLINAMENTO DI UN MOVIMENTO POPOLARE CHE NON SI È MAI RASSEGNATO ALL’OCCUPAZIONE MILITARE. I No Tav non si sono mai arresi. Mese dopo mese, sin dallo sgombero della libera repubblica della Maddalena, ci sono state azioni di contrasto, serate informative, presidi, blocchi,
occupazioni dell’autostrada e sabotaggi. IL MOVIMENTO NO TAV NON HA MAI VOLUTO TRASFORMARSI IN IMPOTENTE TESTIMONE DELLO SCEMPIO, limitandosi alla denuncia delle sciagure senza far nulla per impedirle.
NONOSTANTE GLI ARRESTI, I FERITI, I PROCESSI, I FOGLI DI VIA, LE VIOLENZE DELLA POLIZIA, NONOSTANTE IL CONTINUO TENTATIVO DI DIVIDERE I
BUONI DAI CATTIVI, I NO TAV HANNO RESISTITO.
Va rilevato che il cambio di passo avvenuto nella notte del 19 luglio riguarda solo l’ultimo anno. Prima, dall’assedio del 3 luglio 2011 al primo campeggio di Chiomonte, dalla mattanza dell’8 dicembre 2011 in Clarea, alle feroci cariche in autostrada del 29 marzo 2012 i governi di turno non si erano certo sottratti al dovere pedagogico di imporre ai
resistenti numerosi corsi accelerati di dottrina dello Stato. Corsi molto utili e formativi per i No Tav. Certo non tutti partecipano alla lotta per «fare la guerra allo Stato», tuttavia grazie alla violenza dispiegata in questi anni molti hanno migliorato le proprie conoscenze sulla democrazia reale. IN FUTURO I PEGGIORI INCUBI DEI NOSTRI AVVERSARI POTREBBERO PERSINO AVVERARSI.
Nell’ultimo anno i governi hanno puntato sulla rassegnazione, sull’accettazione del fatto che i lavori per il tunnel geognostico sono cominciati davvero, che le azioni al cantiere sono inutili, perché l’azione preventiva delle forze dell’ordine rende pressoché impossibile raggiungere il cantiere. Dopo la prima passeggiata notturna dell’estate 2012 l’azione della polizia è stata rivolta a chiudere ogni accesso, obbligando i manifestanti a lunghissime camminate nei boschi per riuscire solo a tratti ad avvicinarsi alle reti.
Su di un altro piano, le azioni di contrasto dell’occupazione militare, di sabotaggio collettivo delle ditte collaborazioniste, di intralcio dei lavori del cantiere con blocchi e con il presidio a Chiomonte non hanno mai avuto lo slancio necessario a fare massa critica.
La risposta di alcuni ad una situazione frustrante sono state le AZIONI NOTTURNE a sorpresa contro il cantiere e, successivamente, anche otto SABOTAGGI a mezzi delle ditte fuori dal cantiere.
Il movimento No Tav in UN’ASSEMBLEA POPOLARE HA DECISO DI APPOGGIARE LA PRATICA DEL SABOTAGGIO diretto alla distruzione di beni materiali senza colpire le persone.
Una SCELTA GIUSTA che tuttavia rischia di produrre NEI FATTI UNA DIVISIONE TRA CHI AGISCE E CHI PLAUDE LE AZIONI. Come scriveva la nostra compagna nell’articolo che ha suscitato le attenzioni del senatore Esposito «I sabotaggi sono il segno tangibile di una tensione forte a non arrendersi ai giochi della politica istituzionale, ma se restano
patrimonio di pochi, cui i più delegano la lotta, possono rappresentare il canto del cigno del movimento.
Occorre creare le condizioni perché i tanti che plaudono ma non partecipano in prima persona si impegnino direttamente nelle azioni. Il cantiere di Chiomonte è il luogo scelto dallo Stato per giocare con violenza la propria partita: sinora i governi e la polizia hanno
sbagliato poche mosse, facilitati da un terreno che li favorisce.»
Chiomonte è stata scelta per il cantiere perché era il posto ideale per fare la guerra. Un luogo lontano dagli occhi, dall’indignazione, dal passo di un movimento popolare.
ALLO STATO SERVE LA GUERRA, PERCHÉ LA GUERRA È L’AMBITO DEGLI SPECIALISTI, allo Stato piace la guerra perché ha il monopolio formale e materiale della violenza. Lo Stato ha i mezzi per alzare il livello dello scontro. Quando il governo decide gli apparati repressivi eseguono con gran gusto gli ordini ricevuti.
Dopo un anno non facile per il movimento No Tav, troppo a lungo sedotto dall’illusione elettorale, lo Stato si sente più forte e lancia L’OFFENSIVA.
Oggi il governo non teme più un’insurrezione popolare in risposta alle violenze del 19 luglio. Sebbene sappia bene che il popolo No Tav appoggia le azioni, sa tuttavia che quest’appoggio è soprattutto MORALE. La MATERIALITÀ DELLO SCONTRO DIVIDE CHI PURE RESTA UNITO SIA SUGLI OBIETTIVI SIA SUI MEZZI PER PERSEGUIRLI.
La sfida difficile che il movimento No Tav deve affrontare è RIMETTERE IN PISTA TUTTI QUANTI. Qualcuno in prima fila, qualcun altro più indietro, altri ancora in fondo, ma insieme per far nuovamente lievitare la miscela di radicalità e radicamento che è la ricetta vincente dei No Tav.
Il prossimo anno dovrebbe partire la SFIDA PER L’INIZIO DEL CANTIERE PER IL TUNNEL DI BASE: in quell’occasione dovranno militarizzare il territorio, piazzando soldati, poliziotti e carabinieri, in mezzo alle case. Non avranno più il riparo di un angolo remoto come la Clarea, ma un luogo pieno di case, di gente. Ancora oggi, nonostante, non sia esplosa nei due anni precedenti, il governo non può sapere se di fronte ad espropri, camion, polizia in tutte le strade la risposta non sarà di RESISTENZA E BARRICATE. Non lo sanno ma ancora lo TEMONO. Per questa ragione mirano a seminare la paura con le teste rotte, le gambe spezzate, le molestie, gli insulti, le calunnie. LA NOTTE DEL 19 LUGLIO HANNO CHIUSO I MANIFESTANTI IN UN BUDELLO SENZA USCITA PER DIMOSTRARE CHE SONO IN GRADO DI CONTROLLARE A PIACIMENTO IL TERRITORIO, CHE POSSONO GASARE E PESTARE A POCHI METRI DAL CANTIERE DOVE FERVONO I LAVORI. Non solo. In questo luglio la presenza dei militari  divenuta molto più visibile ed asfissiante: i carabinieri in hotel a Susa, invece che nelle stazioni sciistiche in alta valle, i continui posti di blocco sulle due statali, i controlli a tappeto sono il segno tangibile che lo Stato ritiene venuto il momento di mostrare nuovamente la propria forza.
Occorrerà molta intelligenza e una grande capacità di confronto per dare una risposta adeguata all’accelerazione decisa dal governo.
IL PUNTO DI PARTENZA È IL TERRITORIO. Sul piano politico e sociale sono tanti i nodi che stanno venendo al pettine: la crisi che sta costando lacrime e sangue ai più, mentre arricchisce i soliti pochi, consente di pensare a orizzonti di lotta più ampi, dove le alleanze tra i movimenti e il mutuo appoggio si estendano.
Le stesse articolazioni materiali del Tav si trovano ovunque sul territorio, offrendo larghi spazi di contestazione e lotta, capaci di coinvolgere tutti. Le lotte dure ma vincenti dei lavoratori della logistica hanno dimostrato che lo smistamento, la dislocazione e la circolazione delle merci è uno dei punti deboli in un’epoca in cui la gran parte del lavoro è asservito e ricattabile.
QUESTE LOTTE OFFRONO ANCHE AL MOVIMENTO NO TAV NUMEROSI SPUNTI DI
RIFLESSIONE SU POSSIBILITÀ DI AZIONE SINORA MAI ESPERITE SINO IN FONDO.

Un ACCAMPAMENTO/BLOCCO di qualche centinaio di persone – uomini, donne, bambini, anziani, che piazzino tende, cucine da campo, campi da calcio, dandosi il cambio giorno e notte potrebbe impensierire seriamente i signori del manganello e del tribunale.
TANTE PICCOLE AZIONI, SEMPLICI E RIPRODUCIBILI, che inceppino la macchina dell’occupazione militare e del cantiere, che ha GANGLI E RAMIFICAZIONI OVUNQUE potrebbe – senza troppi rischi – CREARE GRANDI DIFFICOLTÀ a chi occupa, devasta, lucra sulle nostre vite.

Non c’è molto tempo. Come sempre occorrerà riflettere facendo e fare pensandoci su.
La forza dei No Tav è nel movimento popolare. Una pianta resistente ma delicata. È compito di tutti mantenerla viva.

http://anarresinfo.noblogs.org/ [2]

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Unire le lotte. Le giornate del 29 e 30 giugno

MASSIMO BONATO

Ruffini4Mentre le immagini degli scontri in Turchia e Brasile conquistano le prime pagine dei giornali e campeggiano nei telegiornali, le lotte sociali in Italia faticano a trovare un’informazione adeguata, che vada al di là dello scontro e della manganellata, del lacrimogeno e dell’arresto, trattati dai media nostrani con molto meno trasporto di quanto dimostrino per le vicende altrui.

Promosso dal comitato No Tav Torino e Cintura, si è concluso ieri, domenica 30 giugno, l’evento Unire le lotte, due giorni di confronto e azione tra la Val di Susa e Torino. Un’occasione per riunire “chi lotta contro le grandi opere inutili, chi contro le installazioni militari, chi per il proprio posto di lavoro, chi per la salute, chi per la casa, chi per la dignità umana di immigrati e rifugiati politici”.

Ruffini6Sabato è stata una giornata prettamente valsusina, con visita alle reti della Clarea e cena al presidio di Venaus “in un clima che a molti ha ricordato le giornate migliori del campeggio di Chiomonte”. In serata, il gruppo No Cmc di Ravenna è intervenuto illustrando le proprie attività nella critica alla multinazionale del cemento ravennate operante al cantiere di Chiomonte, e contro cui in ottobre, proprio a Ravenna, era sfilato anche il movimento No Tav valsusino e torinese.

Domenica, tutta torinese, ha radunato tanti comitati e movimenti al parco Ruffini. “Il problema degli sfratti, della militarizzazione, delle grandi opere, degli stranieri, della modalità di consumo del cibo e delle risorse, sono aspetti diversi di analoghi meccanismi che richiedono sempre di più di sostenersi a vicenda non solo con le grandi manifestazioni ma anche con il moltiplicarsi nelle stesse giornate di iniziative di lotta che aprano più fronti in contemporanea”.

Ruffini3Così hanno avuto spazio per presentarsi e informare il pubblico sulle proprie attività e le lotte in corso Antispeck Torino, Associazione Fabio News, Barocchio Squat, Centro documentazione per la Palestina Falastin, Collettivo di inchiesta e conricerca – Collettivo Mirafiori, Comitato rifugiati ex Moi, Coordinamento No Inceneritore Torino, Coordinamento No F35 (Novara), Coordinamento No Cmc (Romagna), Csa Pacì Paciana (Bergamo), Cub Torino, Fai Torino, Gruppo laboratorio artistico No Tav Venaus, Gruppo precari nidi e materne, No Muos Torino, No Tav Cirie’ Valli di Lanzo – Comitato in difesa del parco della Vauda, No Tav Torino e Cintura, Salviamo il paesaggio Torino, Si Cobas Torino e Spazi occupati zona S.Paolo – Comitato Sniariskiosa – Laboratorio Ol34.

Giornata quindi volta alla aggregazione e all’informazione, culminata nell’assemblea molto partecipata, voluta per cercare punti di incontro per unire e coordinare i diversi momenti di lotta.

Un primo problema sostanziale riguarda la concentrazione e la delocalizzazione di ogni singola lotta: se è vero che per esempio la base Muos è ubicata a Niscemi, così come il tunnel di base interessa la Val di Susa nella lotta No Tav, è vero pure che il loro carattere nazionale deve riguardare tutti indistintamente. Sostenere una lotta nel territorio dove deve essere contrastato e risolto un problema non impedisce la creazione di una rete che susciti un interesse di carattere nazionale con mobilitazioni in loco ma anche su tutto il territorio nazionale sdoganando le singole lotte come conflitti banalmente territoriali e conducendole da una dimensione particolare a una dimensione generale. Quali siano efficaci e quali meno, come possano trovare una piattaforma comune e una informazione adeguata, quali siano i pericoli della rappresentatività parlamentare per le lotte sociali sono stati alcuni, tra i più salienti, punti discussi dai partecipanti.

Intanto qualche data è stata già fissata:

5 luglio – notte bianca nel quartiere S.Paolo a Torino;

6 luglio – giornata di boicottaggio della Granarolo in solidarietà con i facchini del magazzino di Bologna licenziati;

7 luglio – iniziativa No Expo a Monza;

11 luglio – proposta di compiere azioni per commemorare Soledad nel 15° anniversario della sua scomparsa;

13 luglio – iniziativa notturna allo stabilimento No F35 di Cameri;

9-15 luglio – campeggio No Muos a Niscemi (successivi campeggi da 5 all’11 agosto e dal 3 al 9 settembre).

In uno Stato che procede allo smantellamento del welfare e dei servizi, della sanità e della scuola, l’obiettivo è quello di sentirsi e far sentire meno soli chi contrasta questo processo in atto sotto ogni profilo. Significa ampliare la sensibilità individuale verso tematiche meno sentite o distanti geograficamente, ma non meno coinvolgenti dal punto di vista umano, sociale, della salute, dell’economia, e in fin dei conti di una democrazia svenduta alla finanza. Significa cioè far fronte comune.

Fonte: http://www.tgvallesusa.it/?p=1515

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Comunicato

I Fogli di via che continuano ad arrivare anche in Val Susa, come sono arrivati ed arrivano in tutti quei contesti di lotta che danno fastidio al potere economico-politico e ai suoi gendarmi, sono solo l’ultima dimostrazione dell’uso politico e strumentale che di questo provvedimento ne stanno facendo negli ultimi tempi le questure di tutta Italia.
Precisiamo che i fogli di via non sono uno strumento del Codice Rocco, come comunemente si crede, invece lo sono del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) comunque assunto durante il fascismo, la sostanza quindi poco cambia: si tratta di uno strumento fascista adottato anche dalla polizia della sedicente repubblica democratica!
Sempre più frequentemente questi provvedimenti vengono usati per disgregare le lotte e colpire individui attivi nelle stesse, tentando di distruggere rapporti politici, affettivi e amicali.
Ben conosciamo questi strumenti repressivi in Romagna, che hanno colpito in diverse città nostri compagni e anche persone attive nel Coordinamento No Cmc.
L’adozione e l’uso indiscriminato di questo provvedimento da parte dello Stato significa per noi che la Resistenza, quella che già portarono avanti i partigiani in armi durante la liberazione dal nazi-fascismo, non è ancora finita e deve continuare.
La solidarietà del Coordinamento No Cmc va a tutti i No Tav colpiti da questa ennesima repressione.

Coordinamento No Cmc
nocmc@inventati.org

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7 LUGLIO A MONZA LE NOSTRE PIAZZE CONTRO I PALAZZI DI EXPO

 

Le massime cariche politiche nazionali e internazionali – da Napolitano a Letta, fino al Presidente della Commissione Europea Barroso – atterrano a Monza il 7 luglio per inaugurare la Villa Reale come sede di rappresentanza di EXPO 2015. Un passaggio cruciale nell’avvicinamento all’esposizione che aprirà i battenti il 1° maggio 2015 e una ghiotta occasione per chi sta costruendo il grande evento fieristico. Il carrozzone mediatico che sta infatti lucidando la vetrina di EXPO si è messo in moto da tempo, ma accelera a partire dall’appuntamento monzese, che Maroni definisce prima tappa di un
“EXPO World Tour”.

Le promesse fatte in questi casi sono note: ricchezza, lavoro, turismo, benefici per tutta la metropoli. E anche per il 2015 la dinamica in atto è la stessa, con promotori -pubblici e privati- che vendono l’evento utilizzando in primis la leva occupazionale e promesse di crescita economica, che in tempi di crisi non possono che riscuotere consensi tra la popolazione.

In realtà poco o nulla di tutto questo è accaduto negli ultimi vent’anni per le Esposizioni Universali tenutesi in Europa, né accadrà qui. Da Genova a Lisbona, da Saragozza a Hannover, il passaggio di visitatori è sempre stato inferiore alle aspettative, il territorio
non ha avuto nuovo sviluppo e le amministrazioni pubbliche, invece, si sono trovate in forte stato di deficit economico a causa del drenaggio di risorse avvenuto per supportare gli investimenti e le spese legate all’Esposizione.

Se guardassimo oltre il velo della propaganda, ricorderemmo che nel 2008 si parlava di circa 70000 nuovi occupati, mentre oggi sui siti ufficiali questa cifra si riduce a 3000, ridimensionamento che rende bene l’idea del flop annunciato anche per Milano. 3000 contratti di lavoro precario, che nulla offrono in termini di garanzia e progettualità esistenziale per i “fortunati” firmatari. E’ poi dei giorni scorsi la notizia che EXPO intende avvalersi del lavoro “volontario” da parte dei detenuti, altra circostanza che fa capire bene la direzione che sta prendendo la “grossa occasione occupazionale” lombarda. E se allargassimo il discorso al futuro, al post evento, vedremmo come il vero impatto e la vera eredità che i territori si trovano a dover gestire sono aree verdi e agricole irrevocabilmente cementificate, edifici costruiti per l’evento che restano vuoti e inutilizzati, debiti pesanti per le casse delle amministrazioni pubbliche, che si traducono in fretta in ulteriori tagli ai servizi e riduzione dei diritti per la comunità. Ragionamenti comprovati anche da grandi eventi di natura affine, come le Olimpiadi di Atene del 2004 o quelle più vicine a noi di Torino 2006 che hanno avuto effetti devastanti sulla vita delle persone delle rispettive città.

Chiediamo pertanto che in questo periodo di crisi tali risorse vadano investite in servizi pubblici di primaria importanza per la collettività (mobilità, istruzione, casa, sanità, etc.) e in misure diwelfare che garantiscano la continuità di reddito per le precarie e i precari.
Come rispondono invece politici e amministrazioni pubbliche? Chiedendo deroghe al patto di stabilità solo in funzione di Expo, ma al contempo insistendo con politiche di austerità. Un interessato regalo agli attori economici legati a EXPO e alle opere connesse (ad esempio le tangenziali esterne milanesi, la Brebemi o la Pedemontana) e al crimine organizzato.

E per quanto riguarda la città di Monza, EXPO 2015 non lascerà una gestione migliore né del parco né della Villa Reale. Il vero risultato di questa scelta sarà, una volta di più, la retrocessione delle istituzioni pubbliche -dal Comune alla Provincia alla Regione- a spalla per attori privati, veri protagonisti di questi eventi e unici a guadagnarci, sia economicamente che in termini di posizione di potere.

Per tutti questi motivi noi di EXPO 2015 avremmo fatto volentieri a meno e oggi che l’organizzazione entra nel vivo, rilanciamo la nostra opposizione a ciò che questo evento è e rappresenta. In questo senso questo appello è un invito a cambiare passo per chi si riconosce in un’attitudine che si oppone al fenomeno descritto: da qui in poi occorrerà trovare tempi e modi per raccontare quello che è realmente EXPO 2015 e disinnescare i dispositivi di propaganda e controllo delle istituzioni e degli investitori, così da stimolare una presa di coscienza forte e risposte adeguate.

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Domenica 7 luglio 2013, Monza, Largo Mazzini, dalle ore 15

PARTENZA CRITICAL MASS, GAZEBO INFORMATIVI E ATTITUDINE NOEXPO

Una giornata di mobilitazione per ribadire che l’unico grande evento che ci interessa supportare riguarda RIAPPROPRIAZIONE DEI DIRITTI, ACCESSO AL REDDITO, DIFESA DEL TERRITORIO

Video di lancio: http://www.youtube.com/watch?v=5H-L9sMFzbY
Manifesto: http://boccaccio.noblogs.org/files/2013/06/7L1web.jpg

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Prime adesioni:

AMBROSIA (Milano)
CANTIERE (Milano)
CASCINA TORCHIERA (Milano)
CSA BARAONDA (Segrate)
CUB
FOA BOCCACCIO 003
LAMBRETTA (Milano)
NO EXPO
NO TEM
OFF TOPIC
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA CIRCOLO “P. IMPASTATO” DI MONZA
PDCI MONZA
RETE SAN PRECARIO MILANO
RETE SOLIDALE JABIL
SMS – SPAZIO MUTUO SOCCORSO (Milano)
SOS FORNACE (Rho)
USB MONZA BRIANZA – USB MONZA – MERATE
ZAM (Milano)

Per adesioni, scrivere a noexpo@autistici.org

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Unire le lotte

volantino-lotte

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Un castagno che urla di dolore

E’ l’immagine dell’iniziativa dei valsusini per contrastare la
devastazione della Clarea. Dal 27 Giugno al 3 Luglio un tronco tagliato
davanti ai municipi.

di Fabrizio Salmoni

L’urlo del castagno secolare tagliato in Val Clarea, sorprendentemente uguale a quello di Munch, è l’espressione del dolore fisico, dell’angoscia che quell’albero ha subito. Quello
stesso dolore prende allo stomaco chiunque guardi la devastazione inferta ad una valle che era selvaggia, incolta ma viva. Ora la Val Clarea sta morendo perchè sono più di 5000 gli alberi, castagni e betulle, abbattute dai devastatori con cinica noncuranza. I tronchi sono lasciati a terra dai “lavoratori” che li hanno SRADICATI, neanche tagliati, poi vengono segati e portati via (qualcuno dei “lavoratori” o delle ditte se li venderà e farà qualche denaro in più). Checchè dicano Virano o Esposito che promettono una ri-piantazione a “lavoro finito”, la Val Clarea morirà, sacrificata al loro “progresso”. Basta guardarla. Un disboscamento coatto che è crimine contro l’umanità e la Costituzione (art. 9) e che non dovrà rimanere impunito, con o senza Tav. I reati sono già formulati: devastazione, saccheggio dell’ambiente senza contare le aggravanti. Bisogna portare i bambini e gli scettici del Tav a vedere cosa è capace di fare l’uomo per profitto, per fame di potere.

E’ una valle storica la Val Clarea; vi erano sistemate le “barricate”, sistemi difensivi ideati dal Castellamonte, che dovevano ostacolare le invasioni dal Delfinato; vi cozzarono nel 1627 le truppe di Luigi XIII e di Richelieu e dovettero cambiare strada, passare in cresta. Ora, delle barricate rimane qualche rudere nella vegetazione ma la testimonianza storica del territorio, cosi com’era va perduta.
La Clarea è anche il primo terreno in Italia dove si piantarono le patate; lo fece la famiglia Belletto i cui discendenti risultano ancora proprietari. Le patate si vendevano a 8 soldi all’emina (circa 20 Kg) nel 1757 e la terra inquinata dai gas Cs forse porta in sè ancora informazioni genetiche e biologiche sull’alimentazione. Ora vogliono sistemarvi 20 piloni di cemento. Per non parlare dell’area neolitica distrutta dai cingoli dei blindati polizieschi quel 3 Luglio 2011. E’ un’insieme unico in cui natura e opera umana coesistono in maniera indivisibile e unitaria: è un bene comune che lo Stato non dovrebbe arrogarsi il diritto di distruggere. Si scrive con tanta simpatia dei dimostranti turchi che combattono per un parco ma per i valsusini che combattono per una intera valle solo insulti, menzogne, botte, gas, soldataglia.

Una iniziativa è stata oggi annunciata in conferenza stampa a S. Ambrogio dal sindaco FRACCHIA, da MARIO CAVARGNA di Pronatura Piemonte, da GIGI RICHETTO a nome dei Comitati: un tronchetto di castagni verrà trasportato ed esposto dai valsusini in tutte le piazze e davanti a tutti i municipi, poi anche a Torino presumibilmente davanti alla
Prefettura giovedi pomeriggio (qualcuno proporrebbe anche la sede Pd, maggiore responsabile dello scempio). I tre esponenti della resistenza popolare hanno anche denunciato come follia lo studio e le promesse di ricollocazione museale dell’area archeologica per un costo di 800.000 euro: prima distruggono poi ci fanno anche profitto. L’unica soluzione è fermare il progetto. L’appello alla consapevolezza e al dovere di difendere quel bosco, ad opporsi anche fisicament e alle malefatte del
profitto e della corruzione è rivolto a tutti, donne e uomini sensibili alle ferite inferte alla terra, al futuro dei figli. “_Da un’opera che porta distruzione non può che derivare morte. La nostra difesa del territorio_ – ha detto Richetto -_ assume oggi un significato più
grande. La valle è la nostra fabbrica, il nostro ambiente. Bisogna resistere e difendere l’Italia tutta anche dalla devastazione finanziaria_“.

Dal 27 giugno al 3 luglio, giorno in cui i sindaci firmeranno congiuntamente un esposto sulle spese fuori cantiere, il tronco viaggerà dunque per la valle e si soffermerà in particolare davanti ai municipi di Chiomonte e Susa per denunciare i rispettivi sindaci che per un piatto di lenticchie, qualche rotonda e il restauro di un teatro hanno svenduto la terra di tutti. “_In spregio ai propri cittadini – _dice Fracchia_ – due sindaci che rappresentano 7000 su 50.000 abitanti della valle svendono anche la propria dignità di
amministratori_“. Poi l’estate di lotta continuerà.

Fonte: http://www.tgvallesusa.it/?p=1380

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APPELLO PER UNA DUE GIORNI TRA LA VALSUSA E TORINO 29-30 GIUGNO

UNIRE LE LOTTE!

I lavoratori, i giovani, i pensionati in Italia stanno vivendo un periodo buio, senza prospettive: il lavoro scompare, il reddito si abbassa sempre più, la sanità è praticamente cancellata, la scuola è “privata” di tutto.

Le potenze economiche e le banche continuano a garantirsi fondi necessari per poter costruire grandi opere, utili solo a mantenere alti i loro profitti facendo tagliare dai governi di turno la spesa sociale.

Basta pensare per esempio che un centimetro di TAV Torino-Lione costa (almeno) 1300 euro.…. 10 centimetri sono lo stipendio di una persona per un anno…un anno di quel lavoro che molti hanno perso, perdendo così anche la possibilità di pagarsi l’affitto o il mutuo della casa.

E’ in questo contesto che come Movimento No Tav Torino e Cintura abbiamo pensato di organizzare il 29 e 30 giugno “2 GIORNI PER COLLEGARE  LE LOTTE”, perché siamo consapevoli che la lotta contro il tav si collega indissolubilmente con tante  altre resistenze di movimenti e territori.

La due giorni avrà luogo tra la Val di Susa e Torino ed è articolata come segue:

  • Sabato 29 giro “turistico” al cantiere TAV di Chiomonte.

  • Appuntamento intorno alle 11 del mattino a Torino, trasferimento in Valle per “visita guidata” al cantiere TAV e all’area circostante, con pranzo al sacco, oppure partecipazione alla marcia organizzata dai NO TAV francesi che partirà da Modane alle 14.

  • Cena al presidio di Venaus a cura del comitato Torino e cintura e possibilità di pernottamento campeggiando nell’area intorno al presidio,siete pregati di portare il necessario: tenda e sacco a pelo. Per chi non volesse pernottare a Venaus sarà organizzato il rientro a Torino in serata ed eventuali ospitalità per la notte.

  • Domenica 30 ritrovo alle 10 del mattino al parco Ruffini, uno dei parchi cittadini con maggiore affluenza domenicale a Torino, per allestire gli spazi informativi (chiediamo a ciascun gruppo se possibile di attrezzarsi con loro gazebo e banchetti…chi avesse problemi al riguardo ce lo faccia sapere).

  • Pranzo di autofinanziamento dell’iniziativa rivolto a tutti i visitatori

  • intorno alle 16 assemblea generale e dibattito

  • Laboratori, musica e giocoleria

  • Concerto conclusivo e chiusura prevista per le ore 20.

Chiediamo a tutti i gruppi e individui che intendono aderire all’iniziativa di essere il piu’ precisi possibile su quante persone parteciperanno. in modo da predisporre i vari aspetti logistici. Grazie!

Naturalmente ciascuno potrà valutare se partecipare ad entrambe le giornate o solo a quella domenicale del 30 al parco Ruffini,Viale Bistolfi, con ritrovo alle ore 10.

Le adesioni possono essere inviate a IMMA MOTTOLA-e-mail immamott@libero.it tel.3394655596- se possibile entro lunedì 24 giugno.

Siamo a disposizione per qualunque chiarimento e precisazione, fiduciosi che l’occasione di questa due giorni permetterà di rafforzare legami già esistenti e di svilupparne di nuovi, per un migliore coordinamento delle lotte future!

-No tav Torino e cintura Sarà dura-

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